Giovanni Bruzzi (Firenze 2012).
I segreti del
Professore dei bari
"Io, le carte e i 100 minuti del pollo"
PRIMA PARTE
Ritratto-colloquio: Giovanni Bruzzi, pittore e
biscazziere. Da Breton a De Chirico,da Cassola a Pupi Avati la
vita-avventura di un artista singolare che seppe trasformare
anche Carlo Delle Piane in uomo da "stangata"
"Vedi Cairoli - mi confida Giovanni
Bruzzi - il poker al cinema è stato sempre preso sottogamba.
Soprattutto da Hollywood che faceva giocare ai suoi divi un
poker risibile, quasi una parodia. I bari del cinema americano
in una nostra bisca a cinque stelle avrebbero perso anche i
pedalini. Ricordi quel film di Jack Smight, 'La truffa che
piaceva a Scotland Yard', con Warren Beatty baro e genio dello
chemin de fer? con quegli occhialini demenziali che usa per
riconoscere le carte segnate? E la telesina di 'Cincinnati Kid'
quando Steve Mc Queen sfida la leggenda Edward G. Robinson? Un
supplizio per un pokerista vero. E dire che l'autore del
romanzo, Richard Jessup, era un pokerista eccellente che imparò
a giocare in orfanotrofio per poi mettere tutti in mutande sulle
navi della marina militare. Ma la MGM chiamò due sceneggiatori
come Ring Lardner Jr. e Terry Southern, stessa competenza nel
poker che Mahmoud Ahmadinejad in materia di diritti umani. E il
risultato di questa scelta infelice è nel finale del film, in
quella scellerata telesina. E nella 'Stangata', Cairoli, ricordi
il poker sul treno tra Newman e Shaw? Con Newman che ha un poker
di tre e poi all'improvviso cala un poker di nove? Nessun baro
del mondo potrebbe fare una cosa del genere senza complici al
tavolo. A meno che non venga da Nazareth e abbia un particolare
talento nel moltiplicare i pani e i pesci. Il baro da solo è
come una frittata senza uova. Anche perché è un giocatore
anomalo. Sono i suoi complici al tavolo che lo portano in
paradiso".
"Quindi - azzardo io - la leggenda del
baro solista è una grande impostura. Alla fine è solo
l'ingranaggio di una stangata?".
"Un formidabile ingranaggio, però. Che
deve avere eccezionali doti fisiche - destrezza di mano,
velocità delle dita, sincronismo nei gesti - nervi saldi, grande
psicologia e molta cura nell'aspetto esteriore. Il baro resta
per ore faccia a faccia con il pollo. Non ci deve essere niente
in lui che inquieti l'avversario. Perchè se quello comincia a
dubitare, è l'inizio della fine. Quando addestravo un baro
curavo tutti i particolari. Se c'era negligenza nelle sue mani
lo accompagnavo a farsi una manicure. Se aveva un profumo troppo
aggressivo gliene consigliavo uno più soave. A volte lo portavo
da un gioielliere di fiducia, gli compravo un anello o un
orologio più sobrio. Tutto per rassicurare il pollo. Eppoi
considera un altro aspetto. La tenuta fisica e mentale. Il pollo
si gioca una fortuna ed è sottoposto a uno stress bestiale. Il
baro non ha la sua adrenalina perché sa che è solo questione di
tempo e poi vincerà. Il pollo ha un'autonomia di circa 100
minuti. 100 minuti di lucidità, Poi crolla. In quei 100 minuti,
il baro non colpisce mai. Nella tauromachia, un matador non
corre rischi fino a quando il toro non è fiaccato dai picadores.
Così nel gioco d'azzardo il baro aspetta sempre il cuore della
notte per castigare la sua vittima. Quando il pollo è uno
straccio. Vulnerabile, confuso, annebbiato. I dettagli non sono
importanti. Sono lo yin e lo yang di una stangata".
Non a caso, Giovanni Bruzzi si guadagnò
il soprannome di "Professore". Era un biscazziere geniale,
colto, ironico, un antropologo della compulsione, un
investigatore sottile e sagace dei vizi e delle debolezze umane
che ammarò nel mondo del gioco d'azzardo un po' per caso, un po'
per colpa di André Breton.
In realtà la sua passione era la
pittura. Per questo lasciò Firenze e andò a vivere a Parigi, i
cinquemila ettari di mondo dove si è più meditato, più si è
letto, più si è scritto, e dove, come il protagonista di un
romanzo di Mailer o di Henri Charrière, si mantenne con ogni
genere di lavoro - faux-client per locali notturni di
Montparnasse e Montmartre, cameriere, palo di una gang greca.
Tra una mostra e una truffa a un turista messicano, il giovane
Bruzzi vagolava per il quartiere Latino sognando una carriera da
pittore. Finchè una mattina di dicembre non incontrò André
Breton.
Breton abitava in una casa modesta
vicino a Place Pigalle. Venne alla porta in pantofole, con sua
moglie che spadellava in cucina, effondendo odor di omelette aux
oignons per tutta la sala. Lui e Brizzi conversarono per due
ore, in mezzo a grandi totem pellerossa e a una strepitosa
pinacoteca - tantissimi Mirò, Tanguy, Magritte, Matta, Man Ray,
Max Ernst, Dalì e un De Chirico, 'Il cervello del bambino',
"l'unico quadro - confidò Breton con un pizzico di civetteria -
che ho comprato da un collega". Bruzzi aveva con sè alcune tele
arrotolate, le mostrò a Breton che ne lodò la tecnica di
esecuzione, poi approfittò per schizzare a penna un veloce
ritratto del poeta. "Il mondo dell'arte è duro - lo ammonì
Breton - ma qui a Parigi lo è ancora di più e lento, lentissimo,
nel riconoscere il talento di un pittore. Se vuoi rimanere qui,
sposati una parigina di buona famiglia che ti mantenga per
quindici anni almeno".
L'idea di fare il mantenuto in riva
alla Senna e di sposarsi per interesse andò per traverso al
Bruzzi che ritornò in Italia, e una sera, in un night in riva
all'Arno, "Il Gobbo", conobbe Renis, un carismatico briccone,
amico di Luciano Lutring e re indiscusso del gioco d'azzardo
clandestino a Firenze, che girava per la città a bordo di una
Giulia spider rossa ripetendo che lui i giocatori "li teneva
tutti con l'elastico". Sarà Renis a trasformare Giovanni Bruzzi
da pittore di belle speranze nel Professore e a farne un
biscazziere a cinque stelle.
"Breton non fu l'unico grande che
incontrasti... "
"Conobbi De Chirico, La Capria,
Moravia, Cassola... La Capria mi scrisse la prefazione di un
catalogo di una mostra, Moravia una frase autografa su un mio
quadro, con Cassola, invece, diventammo grandi amici. E nel 1981
gli feci un bellissimo ritratto. Erano gli anni in cui fondò la
Lega per il Disarmo Unilaterale e casa sua, a Donoratico, si
trasformò in un curioso accrocchio. Mi mandava a prendere con la
macchina e poi la Pola, la moglie di Carlo, cucinava per una
bizzarra corte dei miracoli. Rammento un giovanissimo Rutelli...
gli anarchici di Massa Carrara... e tanti altri a cui della Lega
non gliene importava nulla e che erano lì solo per spillare
soldi a Cassola. Lui ci metteva il cuore nel suo progetto. Gli
altri, glielo sfilavano".
"E Pupi Avati... e 'Regalo di Natale' ?
"
"Vidi 'Impiegati' e mi colpì la
capacità di Pupi di raccontare il microcosmo di un ufficio.
Anche una bisca è un microcosmo. E se c'era uno che poteva
svelarla al pubblico, quello era Pupi. Gli inviai un libro che
avevo scritto, 'Banco di nove'. Il libro gli piacque. Gli
piacque meno che i protagonisti giocassero a zecchinetta, un
gioco che pensava sconosciuto alla gente e poco cinematografico.
Pupi non è un giocatore. Neanche suo fratello Antonio, però
scrissero una sceneggiatura su una partita di poker truccata con
un baro e un insospettabile Giuda e io gli promisi di fargli da
consulente. Sul set inorridii quando trovai mazzi di carte della
Dal Negro e fiches disegnate dalle sorelle Fendi. Nel poker le
carte ufficiali sono le Modiano 98, ma non ci fu verso di
rimediarle, perchè Pupi era rimasto incastrato con un contratto
con la Dal Negro. Le Modiano 98 me le concessero nel sequel -
'La rivincita di Natale'".
"E le fiches delle Fendi?"
"Se le avesse viste Renis, le avrebbe
gettate nell'Arno. Andavano dal bianco al nero, passando per una
sinfonia di grigi - grigio cenere, grigio ardesia, grigio nave
da guerra, grigio topo, grigio lilaceo, grigio perla. In bisca
non era solo il colore a distinguerle ma anche la dimensione. Le
feci sostituire all'istante, però tenni il loro bauletto, perchè
era grazioso".
" E il tuo incontro con gli attori?"
"I primi che mi presentò Pupi erano il
Giuda e il baro, Gianni Cavina e Carlo Delle Piane. Quando
chiesi a Pupi che parte avrebbe recitato Carlo e mi rispose il
baro, sentii le gambe vacillarmi. Quella mattina s'era rasato di
fresco, la pelle del viso somigliava a quella di un pollo, con
quel carnicino chiaro chiaro che faceva impressione. Aveva
tutto, fuorchè del baro. Così gli suggerii una barbetta e un
paio d'occhiali con la montatura d'oro. Bastarono per dargli
un'altra aria. Il carnicino scomparve e qualcosa di insidioso
comiciò ad allargargli il viso. I dettagli non sono importanti.
Sono lo yin e lo yang di una stangata".
1. continua
Lorenzo
Cairoli
(La Stampa 19/02/2012)
Giovanni Bruzzi nel suo studio di Via dei Servi a Firenze accanto al dipinto Giocatori di toppa, nel giugno del 1981.
Il Professore
dei bari, il pollo-Maspes e il mondo delle bische che non c'è
più
SECONDA PARTE
Ritratto-colloquio. Giovanni Bruzzi,
pittore e biscazziere.I film con Avati, gli incroci pericolosi
con il mondo di Lutring e della banda della Magliana. Roulette e
levrieri.
La camminata di De Chirico
Pubblichiamo la seconda parte del ritratto-intervista a
Giovanni Bruzzi, "il professore", artista e biscazziere, amico e
consulente di registi, pittori e scrittori.
Il racconto-avventura di una vita
Professore, ci siamo lasciati col ricordo di André
Breton, tra totem pellerossa e omelette alle cipolle e di Carlo
Delle Piane che in 'Regalo di Natale' trasformasti in un sicario
del poker. Sedici anni dopo, Pupi Avati girò il suo sequel 'La
rivincita di Natale'.
Mi telefonò da Roma. Disse: 'Sono con Abatantuono e Cavina.
Vogliono a tutti i costi ritornare al tavolo da gioco'. Così mi
inventai una partita di poker ancora più spietata e crudele di
quella dell'86.
Più che un consulente, tu eri co-sceneggiatore di
quei film
Avati è uno sceneggiatore eccellente ma non è un giocatore.
E' uno, per capirci, che non ha mai avuto la testa nel secchio.
Che non ha mai cercato adrenalina a un tavolo da gioco. I suoi
copioni erano dettagliatissimi tranne quando irrompevano le
partite. Allora tutto era volutamente vago, nebbioso, i dialoghi
appena accennati. Io stavo sempre sul set a curare ogni
dettaglio. La precisa distribuzione delle carte, la
quantificazione esatta delle fiches, la gestualità dei
giocatori. Anche le loro battute, perché il poker è una liturgia
che non si improvvisa.
La tua doppia vita di pittore e principe delle bische
quando inizia?
Nel '62, scoperto da un croupier megalomane e geniale, di
nome Renis. Era il figlio di un ortolano ambulante di rione
Borgo Allegri, somigliava in maniera impressionante al Ben
Gazzara di 'Anatomia di un omicidio' ed era amico di Luciano
Lutring. Grazie al fatto che ero incensurato otteneva licenze
per aprire 'Circoli Ricreativi e Culturali' che poi trasformava
in bische a cinque stelle. Quelli erano gli anni del boom e
Firenze sembrava una filiale del Nevada. Più facile trovare una
bisca in città che non un bicchiere di Chianti. Una cuccagna che
durò fino al '66. poi l'alluvione mise in ginocchio il gioco
d'azzardo. Per un anno le bische chiusero. Noi affittammo una
villa vicino a Montecatini dove si giocava a baccara e a chemin
de fer. Per coprirci le spalle dalle irruzioni della Polizia
avevamo un palo sul tetto e una lunga corda che terminava con un
paniere pieno di campanelli metallici. Se il palo avvistava una
pantera della Polizia strattonava la corda e i campanelli
mettevano in fuga i giocatori. In un amen, il tavolo da gioco
'spariva' e la cassa della bisca finiva nel tronco cavo di un
grande olivo secolare.
Hai raccontato che Renis, il tuo boss, non era andato
oltre la quinta elementare ma aveva un talento d'antropologo che
avrebbe fatto schiattare d'invidia persino Desmond Morris.
Quando un giocatore gli chiedeva un prestito, lui capiva se era
solvibile semplicemente dal suo modo di camminare
In tredici anni sbagliò una sola volta, con un finto conte,
in realtà un topo d'albergo, uno che nell'imbroglio ci
sguazzava. Altrimenti era infallibile. Il ricco a cui domandi se
ha denaro cammina in modo burbanzoso. Ogni suo passo è una
prepotente sottolineatura del suo benessere, quasi una sfida
alla tua diffidenza. Il millantatore che si sente scoperto
cammina incerto, a piccoli passi, quasi schiacciato
dall'angoscia. Col tempo imparai anch'io. Un aneddoto. Sono a
Staten Island, in ristorante italiano, col produttore, Michael
Tadross jr. che sta lavorando a un film sulla mia vita. E' la
prima volta che ci incontriamo e scherzosamente gli chiedo
quanti soldi investirà nel film, poi lo abbraccio e gli dico:
'Io lo so che tu il film lo fai, perché i soldi ce li hai'.
Camminava sicuro. Nessun imbarazzo. Nessuna titubanza.
Mucche da mungere, polli, piglianculi, così chiami
spesso le vittime delle bische. Provato mai un po' di pietà per
loro?
Un biscazziere coi sensi di colpa è come un eiaculatore
precoce che sogna una carriera nel cinema hard. I giocatori
abituali, gli stanziali come li chiamavamo noi, vanno
malinconicamente incontro al loro destino, condannati dalla loro
compulsione. Le stangate le organizzavamo coi giocatori di
passaggio, che so, un gioielliere di Perugia o un industriale di
Bologna. Ma era un lavoro di fino, i bari venivano da fuori e a
volte prima di metterli in mutande passavano mesi. Una volta,
pero, feci un'eccezione. Tifai sinceramente per un pollo.
Chi era?
Antonio Maspes, sette volte campione del mondo, uno dei più
grandi pistard della storia del ciclismo. Aveva smesso di
correre e adesso, imbolsito, gareggiava per la sua sopravvivenza
economica in una bisca milanese.
Tutti i giochi erano truccati?
La roulette, no. Pedale e magnete sono troppo complessi da
manipolare.
Il più grande baro in cui ti sei imbattuto
Albert il Marsigliese. Un corso con un brillante al mignolo e
una vaga somiglianza all'attore francese Michel Auclair. Aveva
un aereo personale, come i toreri più famosi e le rock-star, con
cui girava il Nord Africa sfidando a baccara gli sceicchi.
Lillone, che gli fece da guardia del corpo, mi raccontava che
veniva ricevuto da valletti con ceste colme di sterline d'oro.
Scene degne delle incisioni di Gustave Doré, non trovi?
Nel '65 incontri a Milano, Giuseppe Antonio Doto,
alias Joe Adonis, il re dell'insufficienza di prove, l'unico
referente in Italia di 'Cosa Nostra' e monarca incontrastato del
gioco d'azzardo nel nostro paese - il solo ad essere riuscito a
controllare biscazzieri e clanda (i book-makers clandestini).
Viveva a Milano, il suo quartier generale era un night
chiamato 'Morocco'. Andai a trovarlo con Renis. Voleva il
Marsigliese al suo fianco e ci chiese di aiutarlo. Lo rincontrai
la mattina successiva seduto a un tavolo del 'Biffi'. Pareva un
cobra assonnato. Gesti di una lentezza plateale, studiata
sapientemente. Come a dire: 'Io il tempo ce l'ho'. E intanto una
folla di curiosi veniva a spiarlo. come pellegrini a Fatima.
Volevano vedere che aperitivo sorseggiava, la marca delle sue
sigarette, se davvero possedeva un accendino d'oro massiccio.
L'age d'or delle bische finisce nel '75.
La congiuntura svuota le bische. L'inflazione è alle stelle,
falliscono le medie e piccole imprese, torna lo spauracchio
della disoccupazione. L'aria che tira è pesante, la mafia
comincia a infiltrarsi massivamente nelle bische. In quei giorni
viene assassinato il primo biscazziere in Toscana. E' più che un
campanello d'allarme, è il segnale tangibile della fine di
un'epoca. Meno gioco, meno soldi, la mafia impone la droga nelle
bische. Noi non ci stiamo e vendiamo tutto.
Però tu non esci dal giro e ti ricicli nel mondo
delle scommesse ippiche.
Gli ippodromi li avevo sempre frequentati perché nelle bische
non mancava mai il cliente che ti dava una dritta. Così chiamai
il mio amico Marinaretto, l'unico ad avere un picchetto di
doppio al 'Cinodromo Marconi', la pista da corsa per levrieri di
Roma.
Scommettere sui levrieri vuol dire essere arrivati al
capolinea, non trovi?
Sono l'opposto della roulette. La roulette è difficilissima
da manipolare, i levrieri si manipolano con mezzo secchio
d'acqua, con una caramella. L'acqua li mette al tappeto, le
caramelle li trasformano in dragster. Se il mondo dell'ippica è
corrotto, quello dei cinodromi è un far west malnato e pitocco.
E Marinaretto ti introduce a Franco 'Er Criminale'
Nicolini, il boss di tutti i clanda della capitale.
Cenai con lui nel ristorante dell'ippodromo di Tor di Quinto.
Tutte le volte che ordinava un piatto lo rimandava subito
indietro, con lauta mancia e complimenti allo chef. La sera non
cenava mai, beveva solo caffè, ma per farci compagnia ordinò
tutto quello che ordinammo noi per poi rispedirlo puntualmente
in cucina.
Quando la banda della Magliana lo uccise tu eri
presente?
Si, ero a Tor di Valle con Marinaretto. Una sera di luglio,
poco dopo l'ultima corsa. Lo freddarono mentre era nel
parcheggio dell'ippodromo. L'unica sera in cui non aveva voluto
con sè i suoi gorilla.
Nel '80 ti ritiri e torni ad essere un pittore a
tempo pieno. Un'ultima curiosità. Hai conosciuto tutti. Da Lucky
Luciano ad Alberto e Paola di Liegi. Da Moravia a Cassola. Da
Breton a Joe Adonis. Però non mi hai raccontato del tuo incontro
con De Chirico.
Nella primavera del '66 un collezionista fiorentino mi chiese
di far autenticare da De Chirico due suoi dipinti. Andai con lui
da un notaio, a Piazza di Spagna, accompagnato dal gallerista
Antonio Russo. Di De Chirico come di Braque dicevano che era più
smemorato dello smemorato di Collegno, una fanfaluca che faceva
comodo a quei mercanti che trafficavano i suoi falsi. De Chirico
invece era lucido, lepidissimo, cordiale. Sul primo dipinto,
'Personaggi metafisici', appose l'autentica direttamente sul
retro della tela, mentre dell'altra opera, incompiuta e non
firmata, ricordava ogni particolare. L'aveva dipinta a Firenze,
nel Parco delle Cascine, poi un violento acquazzone interruppe
tutto. Autenticò il quadro e lo firmò. Poi andammo a berci un
aperitivo al 'Caffe' Greco'.
Camminando per via del Corso, immagino. A proposito,
come camminava De Chirico?
Renis avrebbe detto in maniera geniale...
2. Fine
Lorenzo Cairoli
(La Stampa 05/03/2012)
GIOVANNI BRUZZI, NEL MARZO 2008, HA
FIRMATO UN CONTRATTO CON UNA PRODUZIONE CINEMATOGRAFICA
INTERNAZIONALE, PER LA REALIZZAZIONE DI UN FILM SUL PROPRIO
PERSONAGGIO, DAL TITOLO "UNA VITA D'AZZARDO".
Una vita d'azzardo
La storia di
Giovanni Bruzzi diventa un film
In queste settimane l'ex biscazziere, adesso artista e
sceneggiatore, sta lavorando a una "miniserie" per la tv in cui
il protagonista è lui, e si raccontano fatti realmente
accaduti...
TUTTO IN DUECENTO MINUTI
"La pellicola farà riferimento al periodo d'oro delle bische
clandestine in Italia: la Toscana ci rientra con Firenze, le
Terme e la Versilia"
UN BARO NELLA LEGGENDA
"Si chiamava Albert il Marsigliese e si spostava col suo piccolo
aereo. Alla fine con un filotto avvelenato ha messo in mutande
l'Italia centrale..."
Il libro che ha scritto sette anni fa è una definizione e una
promessa al tempo stesso: Professione biscazziere. Il banco
vince sempre. Giovanni Bruzzi, fiorentino, oltre a essere
pittore,è sempre stato un grande esperto di gioco d'azzardo. A
tal punto che cinema e televisione hanno attinto a piene mani
dalle sue esperienze. Ma stavolta è diverso. In queste settimane
Bruzzi è al lavoro sulla sceneggiatura di un film per la tv
(oggi si chiamano miniserie) di 200 minuti sulla sua vita. E il
titolo non poteva essere altrimenti: "Una vita d'azzardo".
A Bruzzi abbiamo rivolto alcune domande.
Bruzzi, un film su una delle sue "stangate" o sulla sua vita?
Innanzitutto riguarderà un ciclo di situazioni, perché il film
si intitolerà "Una vita d'azzardo" e fa riferimento a quello che
fu il periodo d'oro delle bische clandestine in Italia.
Naturalmente in questo periodo d'oro ci rientra anche la Toscana
con Firenze, le Terme e la Versilia.
Con chi sta scrivendo la sceneggiatura?
Nel lavoro di sceneggiatore sono stato affiancato da Massimo
Gaudioso, lo sceneggiatore del film "Gomorra", e da Alessandro
Fabbri, più giovane, per i dialoghi.
Che cosa troverà spazio in questo film? Nella sceneggiatura
c'è un episodio particolare...
Il protagonista del film sono io e il film è sulla mia vita.
Anzi, il racconto parte proprio da questo episodio particolare,
e di cui magari parliamo dopo. Ma non l'ho scelto io. Questa è
stata la decisione della produzione che ha detto: "no, noi
dobbiamo..."
E' vero che sarà prodotto da un grosso gruppo televisivo?
Sì, i film sono due. Una miniserie, di due puntate di cento
minuti l'una, di cui io sono il protagonista. Il film è
ambientato negli anni Sessanta, precisamente dal 1962 al 1965, e
ci sarà un percorso che porterà alla grande stangata di
Chianciano Terme del "tout-va" al baccarà. Si tratta di una
situazione di gioco ipotetica perché c'è solo sui libri. Cioè il
banco che gioca contro i due settori. Un banco senza limitazione
di puntata in realtà non esiste, perché se hai una grossa
clientela non puoi negarle il fido. Le uniche bische che in
Italia hanno avuto la roulette regolamentare, quella del Casinò
di Sanremo è stata gestita dalle mie bische e non solo. Noi
abbiamo anche prestato la roulette in altre situazioni ad altre
bische, anche fuori dalla Toscana perché nessuna di queste aveva
la roulette regolamentare anche per un problema di far
scomparire facilmente la roulette e il cilindro in caso di
irruzione della polizia o dei carabinieri.
Torniamo al film. Da dove inizia?
Dalle bische di Firenze: "Il Ventaglio", "Coppa d'oro" etc. Con
queste si viene a cambiare la geografia dei giocatori. In quel
periodo abbiamo avuto tanti nomi grossi a giocare: avvocati,
notai, imprenditori edili, chirurghi etc. La sceneggiatura
inizia proprio da questo aggancio dei biscazzieri che dicono:
"Te chi sei? Vuoi venire con noi che hai certe caratteristiche,
vuoi fare il presidente? Perché noi abbiamo bisogno di una
figura incensurata". Da sottolineare che in quell'ambiente di
incensurato non c'è nessuno. A questo punto il film prosegue con
il coinvolgimento di vari personaggi: bisogna pensare a quello
che era Firenze in quegli anni, dove esistevano cinque night
club in centro, mica il mortorio che c'è ora.
Poi però la cosa più bella si svolge a Chianciano...
Naturalmente, perché la stagione delle terme è importante, e in
Toscana ci sono delle terme di richiamo con clienti che arrivano
da fuori. Qui venne trovato un aggancio sotto un circolo
ricreativo culturale, si chiamava "Villa Alta", che aveva
acconsentito ad adibire metà del piano terra a bisca.
E poi che accadde?
Il nostro buttafuori che aveva lavorato in Francia, ci introduce
la figura di Albert il Marsigliese che era ed è tuttora nella
leggenda. Si tratta del più grande baro di baccarà in Europa,
che si spostava con il suo piccolo aereo da turismo: partiva da
Marsiglia per tutto il nord Africa, Casablanca, Algeri, Rabat,
Tunisi, Tripoli e giocava contro sceicchi e emiri. Era l'unico
in condizioni di poter proporre un "tout-va" al baccarà perché
lui, da un punto di vista di somma intelligenza e per le sue
eccezionali doti di baro, avrebbe potuto bancare il "tout-va"
perché lo avrebbe fatto solo per contanti o per assegni
circolari. Praticamente non poteva dare il fido a nessuno perché
una volta finiti i soldi nel portafogli si doveva tornare il
giorno dopo. I n questo modo qualsiasi giocatore che ha un
patrimonio, non lo porta la prima sera, cioè vengono via via
ridimensionati i suoi soldi fino al punto di raschiare il fondo
del barile. Alla fine, l'ultima sera, il marsigliese fa un
filotto avvelenato strepitoso sul primo e sul secondo settore e
mette in mutande l'Italia centrale. Nel film ci sarà un
crescendo di questa imprenditoria privata che sono i
biscazzieri, i quali hanno le stesse regole dei casinò ma
agiscono in un contesto fuorilegge. Naturalmente la cosa
importante di questa produzione è la caratteristica di
raccontare storie vere di quella che era l'Italia più di 40 anni
fa. E io la racconto.
Diciamolo chiaramente: quelli che si raccontano nel film sono
fatti realmente accaduti...
Certo, e si svolge tutto, come nel film, dal 1962 al 1965.
E in quella situazione le terme, Chianciano passarono un
momento terribile...
Non proprio, perché le terme in realtà vivono su situazioni
esterne, cioè tutti vengono da fuori. C'erano i ricchi, cioè non
c'era la mutua e quindi la pensionata con la borsettina che non
sa dove andare la sera e pensare che c'era il Grand Hotel, dove
ha girato "Otto e mezzo" Federico Fellini, il quale non sarebbe
andato a girare un film lì se non ci fosse stato uno scenario
che ne valesse la pena. Da lì uscivano le donne in abito lungo e
con tutti i gioielli: non c'era il rumeno che gli portava via
l'orologio di valore, era un altro mondo ed è per questo che ci
sono stati grossi nomi, che per ovvie ragioni non posso fare,
che avevano soldi contanti. Sul tessuto della cittadina termale
questo non incideva perché era un più che veniva portato la sera
su quel tavolo da gioco. Per cui, anzi, si creava un'atmosfera
incredibile: il"tout-va" al baccarà per un giocatore era come il
biglietto di "Canzonissima", non ci voleva rinunciare nessuno.
C'era gente che arrivava da Catanzaro, da Ancona, da Perugia. Si
assisteva al "passaparola" del gioco d'azzardo. Che non
significa "ho vinto o ho perso" ma "quanto ho vinto e quanto ho
perso". E' la cifra che tira la gente: se dico di aver vinto
centomila lire non interessa nessuno, ma se dico di aver perso
duecento milioni al "tout-va", tutti chiedono: "dove?". Questo
perché pensano: "c'è un banco che regge duecento milioni? Allora
mi vado a proporre, ci devo andare...". La calamita sono i
soldi, ma quello che fa il "passaparola", senza che la bisca
faccia molta propaganda, cioè solo con i racconti dei giocatori
perdenti e vincenti sulle cifre, è impressionante. Perché se so
che c'è un "tout-va" al baccarà prendo la macchina e vado come
giocatore d'azzardo, perché non lo trovo neanche a Montecarlo.
Marco Ferri
(Il Giornale, 23 ottobre 2008)
NEL NOVEMBRE 2002,
PUPI AVATI
HA TERMINATO LE RIPRESE
DELLA PARTITA DI POKER
DEL FILM "LA RIVINCITA DI NATALE", SEQUEL
DI "REGALO DI NATALE", CON ANCORA
LA COLLABORAZIONE DI GIOVANNI BRUZZI
SIA ALLA SCENEGGIATURA CHE ALLA
CONSULENZA DIRETTA SUL SET
PER LE SCENE DI GIOCO.
IL FILM SARA' NELLE SALE CINEMATOGRAFICHE DI TUTTA ITALIA NEL
GENNAIO 2004
Giovanni Bruzzi (con le carte in mano) sul set di "La rivincita di Natale" con intorno Pupi Avati (dietro la macchina da presa), gli attori e la troupe.
Giovanni Bruzzi (con le carte in mano) sul set del film “La rivincita di Natale” (Cinecittà, settembre-ottobre 2002); si riconoscono Pupi Avati (in piedi, al centro), Gianni Cavina e Alessandro Haber (seduti al tavolo) e sempre seduti (di spalle) Carlo Delle Piane e George Eastman.
Giovanni Bruzzi sul set di "La rivincita di Natale" di Pupi Avati, con da sinistra, Gianni Cavina, Alessandro Haber, Diego Abatantuono, George Eastman, Carlo Delle Piane.
Giocatori di poker (2002-2003, cm. 100x80, olio su tela). Dal film "La rivincita di Natale" di Pupi Avati: da sinistra, Alessandro Haber, Diego Abatantuono, George Eastman, Carlo Delle Piane, Gianni Cavina.
La rivincita di Natale
Tra l'amicizia, la vendetta e la ricchezza, per Diego Abatantuono
c'è di mezzo un poker.
La partita funziona, gli attori anche.
Diciott'anni dopo, amari come prima. Anzi,
per Pupi Avati il trascorrere del tempo ha ancor più
incattivito gli animi. Il neo culto del denaro domina e corrompe
valori e sentimenti; l'amicizia è solo un'opportunità in più
per arricchirsi a ogni costo. Sequel godibile più che necessario,
La rivincita di Natale nasce dichiaratamente dalla volontà
degli attori a riprendere personaggi e storia. Per far chiudere
i conti a Diego Abatantuono/Franco Mattioli, rifattosi
dalla batosta del Regalo grazie alle sale cinematografiche di
cui è esercente. Se il suo desiderio di vendetta è quello che
stimola il plot, il sale è dato ovviamente dalla partita a poker;
violenta come un corpo a corpo e dove sembra valere letteralmente
tutto, luridi trucchetti (sul tavolo verde ma anche fuori e
soprattutto prima), alleanze segrete, tradimenti. Non stupitevi
degli euro giocati né delle scorrettezze, la sceneggiatura ha
avuto l'avallo di un professionista delle carte, Giovanni
Bruzzi, che ha garantito della verosimiglianza di poste
e barate. Così, di fronte alla sostanza agonistica dello scontro
tra giocatori, dello spettacolo di una ferocia appena nascosta
dall'agiatezza di alcuni e dal malinconico declino di altri,
si notano appena alcune disuguaglianze di toni tra le scene.
E se Avati qui garantisce comunque mestiere e cura artigiana,
a rendere gustoso il prodotto questa volta ci pensano soprattutto
i cinque protagonisti, tutti motivati a far gioco di squadra,
e affiatati come nella miglior tradizione del cinema d'attori
italiano.
Valutazione ***
Massimo Lastrucci
(CIAK, Marzo 2004 n°3)
Fino all'ultima mano
Me
la ricordavo bene quella maledetta partita di poker, da velenoso
"regalo di Natale" e amici-serpenti. Così, come uno dei personaggi
del film, ho esitato un po' prima di risedermi al tavolo: i
seguiti, sullo schermo e nella vita, spesso deludono. E invece,
quasi vent'anni dopo,Pupi Avati riesce a riprendere il filo:
richiamati i suoi attori di fiducia (il magnifico Abatantuono,
il professor Delle Piane, l'agitato Haber, il dolente Cavina…)
prepara il piatto e gioca bene La rivincita di Natale,
con una vena di amara saggezza. Certo tutti bluffano, compreso
il regista, ma il dettaglio non disturba. Fra inganni e tradimenti
(Giovanni Bruzzi, pittore d'azzardo, è il consulente per il
trucco del mazzo), l'importante è scommettere forte, rischiare
tutto, sino all'ultima mano.
valutazione 12/16
Claudio Carabba
(SETTE Corriere della Sera, 26 Febbraio
2004 )
<< Così ho insegnato il poker a Delle Piane e Abatantuono >>
Professor Giovanni Bruzzi, come mai Pupi Avati ha scelto lei come consulente per
"Rivincita di Natale" ?
Perché sono un esperto di gioco, tanto da meritarmi quel soprannome di
professore...
...che non ha nulla a che fare col suo mestiere di pittore...
Be' in un certo senso sì, visto che ho fatto l'Accademia di Belle arti a
Firenze e oggi ho un certo nome tra gli artisti.
Una discreta fama se l'è fatta anche come giocatore...
Alt. Come biscazziere, non come giocatore, che gioca e perde.
Il biscazziere sta dall'altra parte.
Dunque lei giocando non ha mai perduto una lira?
Mai. Ho scelto subito la parte giusta. Era il '64 quando ho cominciato, tra
parentesi è vent'anni che ho smesso, come pr di un amico che a Firenze aveva
aperto diverse bische, tipo il "London Club" o la "Coppa
d'oro".
Frequentate da pregiudicati?
Macché. Imprenditori, avvocati, notai, campioni dello sport, attori,
cantanti tutto il gotha.
Che si faceva spennare?
I polli stanziali, che venivano tutte le sere, erano destinati a perdere da
soli. Ci accanivamo con i polli di passaggio, che so, un gioielliere di Perugia
o un commerciante di Bologna.
Con quali accorgimenti?
Be', un'aggiustatina alle carte di poker o di chemin de fer.
Barando, insomma...
Sì, come in "Regalo di Natale".
Di cui lei nell'86 ha scritto parte della sceneggiatura...
Ho dato una mano a Pupi Avati per le scene del poker.
Il suo compito?
Rendere la partita credibile ed evitare gli errori tecnici.
Sedici anni dopo è stato richiamato in servizio, proprio come Abatantuono e
soci...
Sì, perché il gioco in "Rivincita di Natale" porta via metà
film".
Come mai è stato riammesso il baro Delle Piane?
In sedici anni tutto si aggiusta, specie nella finzione.
I suoi cinque allievi, Abatantuono, Cavina, Delle Piane, Eastman e Haber
hanno imparato presto la lezione?
Sì, perché il gioco in "Rivincita di Natale" porta via metà
film.
Come mai è stato riammesso il baro Delle Piane?
In sedici anni tutto si aggiusta, specie nella finzione.
I suoi cinque allievi, Abatantuono, Cavina, Delle Piane, Eastman e Haber
hanno imparato presto la lezione?
Sì, ho avuto vita facile. Tutti dilettanti del poker, ma nessuno
completamente digiuno.
Che dritte ha dato ad Avati?
Ho cercato le scene del poker carta per carta dribblando le iperboli, di cui
è pieno un classico del genere, "La stangata", come quando Paul
Newman per battere il poker di 9 di Robert Shaw, trasforma i suoi quattro 3 in
quattro jack. Spettacolare ma fasullo.
Quindi in "Rivincita di Natale" ci sarà poco spettacolo...
Tutt'altro. La partita ha un intreccio infernale. Per tener alta la
tensione, la mano decisiva sarà l'ultima, mentre nella realtà può essere
anche la prima.
Massimo Bertarelli
(Il Giornale, 22 Aprile 2002)
Un altro poker per Pupi Avati
<< Una cosa è certa - sì deve essere detto Diego Abatantuono, alias Franco, che dopo la disastrosa partita a poker del Natale di 15 anni fa è riuscito a diventare di nuovo un ricco gestore di sale cinematografiche a Milano e hinterland -: non sono un fesso. Il problema è riportare gli stessi allo stesso tavolo. Magari ancora a Natale. Sì, il problema è la Rivincita di Natale! >>. E la rivincita di "Regalo di Natale", il fortunato film che Pupi Avati realizzò nel 1986, si farà e, ovviamente, sarà proprio la "Rivincita di Natale". Stesso tavolo, stessa splendida villa a Bologna e, soprattutto, stessi giocatori: Franco (Diego Abatantuono), l'industriale Santelia (Carlo Delle Piane), il critico cinematografico Lele (Alessandro Haber), l'istruttore di palestra Stefano (George Eastman) e Ugo (Gianni Cavina), che quindici anni fa faceva l'imbonitore televisivo e organizzò la spiumatura del "pollo" Abatantuono. La sceneggiatura è già terminata, Pupi Avati dovrebbe cominciare a girare in ottobre. E, questa volta, la partita sarà una partita onesta? C'è da scommettere di no, perché a firmare la sceneggiatura assieme al regista bolognese c'è ancora (come 15 anni fa) il pittore fiorentino Giovanni Bruzzi, uno che, tanto per stare nell'autobiografico, ha scritto un libro dal titolo "Professione biscazziere", sottotitolo "Il banco vince sempre!. Fu Bruzzi a organizzare la partita di "Regalo di Natale". Ci voleva un esperto e lui, in certi ambienti notturni meglio noto come "lo scienziato delle carte", era l'uomo giusto. Anche perché quella partita, vittima un ricco macellaio e non un gestore di cinema, si era svolta davvero anche se a Firenze e non a Bologna. Bruzzi l'aveva raccontata in un libro, "Banco di nove", che aveva anche illustrato con bellissime tavole, e che finì nelle mani di Pupi Avati. << In mezzo ai giocatori di "Regalo di Natale" - racconta oggi Bruzzi - ce n'era uno che barava e io ho dovuto spiegare come si fa. Come si fa nella realtà, voglio dire, non come spesso si vede al cinema, con l'asso nella manica o nello stivaletto. Al poker vero si deve barare con la complicità di un altro giocatore, che al tavolo deve occupare un posto preciso. Solo che a decidere i posti sono le carte... >>. La rivincita - Bruzzi non rivela la trama - sarà ancora più complicata: perché Delle Piane (il baro di 15 anni fa) deve accettare? Che posti avranno attorno al tavolo? E che ruolo ha quella giovanissima e provocante brunetta (l'attrice è ancora da scegliere), apparentemente ignara di tutto e che sembra invece essere il pepe sulla partita? E chi sono quei personaggi in ombra sicuramente molto dannosi? << In questa rivincita - dice Bruzzi - tutto è sviante. Il gioco diventa infernale, perché qui non si gioca solo per i soldi, anche se questi contano tanto. Alla fine la vincita sarà iperbolica, ma tutti avranno perso. Un solo vincitore: il denaro >>.
Mario Spezi
(La Nazione, Il Giorno, Il Resto del
Carlino, 4 Giugno 2002)
<< L'imbroglio? E' un'arte >>
Firenze - Truffe, trucchi, ammiccamenti, segnali. E quando il gioco si fa duro il tacito avvertimento raggiunge la dimensione inquietante della minaccia. E' questo il mondo delle bische, almeno come l'immaginario letterario e cinematografico ce l'ha consegnato: dai racconti di Dostoevskij o di Paul Auster, passando per il cinema di Pupi Avati. Non stupisce perciò che il regista italiano abbia fatto una scelta serissima e 'scaltra' per il suo << Regalo di Natale >> e per il previsto seguito << Rivincita di Natale >>, affidandosi a uno dei pochi, veri conoscitori dell'arte dell'imbroglio al tavolo verde. Giovanni Bruzzi, fiorentino, pittore di professione ex biscazziere di mestiere ne sa davvero una più del diavolo in fatto di gioco d'azzardo. D'altra parte esperienze e 'prodezze' di una vita intera sono raccolte in un volumetto dal titolo << Professione biscazziere >>. << In diciotto anni passati tra bische e ippodromi di mezza Italia credo di aver imparato molte cose - rivela Bruzzi, con l'ironia e sorniona sfumatura nella voce di chi la sa lunga - Firenze, le Terme di Cianciano e Montecatini, Roma e tutta la Versilia sono stati i miei territori di caccia prediletti >>. Come nasce una bisca? << Ogni giorno nel nostro paese aprono non meno di duecento bische. Aprono e chiudono in un baleno. Dove c'è maggior richiesta >>. Chi sono i giocatori? << Non c'è né differenza di censo e neppure di cultura. Quando il gioco ti prende, ti prende >>. Ci parla della figura del baro? << E' un individuo abilissimo e quasi invisibile. Se viene smascherato, ha smesso di lavorare e mina la reputazione di un circolo. In genere fa il colpo e sparisce per sempre >>. Nel prossimo film di cui ha curato la sceneggiatura per la parte legata al gioco c'è anche una donna. Che ruolo hanno le giocatrici? << Basta pensare a Dostoevskij. Le più incallite sono le vedove, non smettono finché non hanno fatto fuori il patrimonio del defunto marito. Una donna per tutte? Mi viene in mente Françoise Sagan bandita da tutti i Casino francesi per totale e irrimediabile insolvenza >>.
Guido Guidi Guerrera
(La Nazione, 12 Giugno 2002)
Paola, moglie di Giovanni Bruzzi, davanti al manifesto del film "La rivincita di Natale" (Roma, gennaio 2004).
Paola, moglie di Giovanni Bruzzi, davanti al manifesto del film "La rivincita di Natale" (Roma, gennaio 2004).
Da sinistra, Pupi Avati e Giovanni Bruzzi sul set del film "Regalo di Natale" (marzo 1986).
Pupi Avati (1986, cm. 25x30, olio su tela).
Diego Abatantuono (1986, cm. 50x70, tecnica mista su carta).
Carlo Delle Piane (1986, cm. 50x70, tecnica mista su carta).
Gianni Cavina (1986, cm. 50x70, tecnica mista su carta).
George Eastman e Alessandro Haber (1986, cm. 50x70, tecnica mista su carta).
Pupi Avati e Giovanni Bruzzi sul set del film "Regalo di Natale" (marzo 1986).
Pupi Avati e Giovanni Bruzzi sul set del film "Regalo di Natale" (marzo 1986).
Giocatori di poker (1986, cm. 100x80, olio su tela). Dal film "Regalo di Natale" di Pupi Avati: da sinistra, George Eastman, Diego Abatantuono, Gianni Cavina, Carlo Delle Piane, Alessandro Haber.
QUATTRO AMICI E UNO SCONOSCIUTO PER UN
POKER NATALIZIO, MA
CHI TRUCCA LE CARTE DEL
TRAGICO INGANNO?
Ci voleva anche un biscazziere per fare un film come Regalo
di Natale, storia di una lunga partita a poker che, in fondo,
ha per posta l'amicizia. E Pupi Avati ha trovato il suo tecnico a
Firenze: Giovanni Bruzzi, di professione pittore di non poco
talento e vasti riconoscimenti in altri ambienti più attivi di
notte detto "lo scienziato delle carte". L'esperienza
di Bruzzi nel gioco è tanta che qualche tempo addietro fece un
libro, Banco di nove, da lui ovviamente illustrato, che è
in realtà la storia vera di una vera partita di carte rimasta
memorabile negli annali delle bische fiorentine per il finale
tragico. "Quel libro lo aveva letto anche Pupi Avati -
racconta ora Giovanni Bruzzi - che a giugno dell'anno scorso mi
chiamò per avere un incontro. Di lì è nata la mia consulenza
per Regalo di Natale". Sul tavolo da gioco del film
di Avati la posta è in realtà l'amicizia, quella maschile tra
uomini attorno ai 40. Il regista voleva che la storia della
partita fosse convincente per arrivare amaramente a dimostrare
che i soldi contano tanto, decisamente troppo. Poi c'è la storia
di una donna ovviamente, e quella di un "Giuda" e tutti
questi elementi devono riflettersi nelle "mani" del
poker. "Il poker - dice Giovanni Bruzzi - è un gioco
perfetto per questo scopo, perchè ognuno è costretto a
esprimere un po' se stesso. Ho dovuto ricostruire la partita
tenendo conto di questi elementi. E poichè in mezzo ai giocatori
ce ne è uno che bara, ho dovuto anche io barare. In Regalo di
Natale questo avviene come succede nella realtà, non come di
solito si vede nei film, dove qualcuno ha sempre un asso nascosto
nella manica o nello stivaletto. Al poker vero si deve barare con
la complicità di un altro giocatore che al tavolo deve occupare
un posto preciso". Per Giovanni Bruzzi un'esperienza
divertente che, naturalmente, ha riportato su tela: un quadro,
diventato anche poster, della partita di Natale.
Mario Spezi
(La Nazione, 18 Gennaio 1987)
Pupi Avati e Giovanni Bruzzi sul set del film "Regalo di Natale" (febbraio 1986).
TUTTI I TRUCCHI DI
"REGALO DI NATALE"
Grande successo a Firenze per "Regalo di
Natale", ultima opera di Pupi Avati, attesa sin dalla sua
presentazione alla Mostra di Venezia 86 dove Carlo Delle Piane fu
premiato come miglior attore protagonista. Pupi Avati traccia i
suoi nuovi ritratti in un interno. Questa volta assembla le
contorte personalità dei personaggi con la mediazione del re dei
giochi di carte, il poker. Cinque uomini, in fondo soli, che si
misurano con diffidenza con il difficile mestiere di vivere, si
ritrovano insieme in una villa, a Bologna, la notte di Natale,
per affrontare un'apparentemente concertato gioco d'azzardo.
Stefano (George Eastman) conduce una palestra e sembra infatuarsi
del fascino maschile; Lele (Alessandro Haber) è il critico
cinematografico quotidianista obbligato al ruolo di Vice, con
ambizioni di scrivere un libro monografico, in questo caso su
John Ford; Ugo (Gianni Cavina) è un piazzista di gadgets
artistici e svolge il suo mestiere attraverso le TV private. Loro
sono i poveri. Franco (Diego Abatantuono), che è il gestore di
un cinema di Milano, è il ricco. E' lui che dovrebbe garantire i
tre amici per spennare il riservato e sconosciuto Santelia (Carlo
Delle Piane) invitato da Ugo. Il nocciolo del film è la partita
di poker e per la sceneggiatura Pupi Avati ha chiamato il pittore
fiorentino Giovanni Bruzzi, esperto in giochi di carte, ma che
ha, con il suo segno naif, delle affinità con le storie del
regista. Non è un caso che Bruzzi durante questa sua esperienza
per il cinema abbia trovato ispirazione per realizzare un
quadro-poster e vari ritratti in acquarello-pastello. Solo lui
poteva dare precisi chiarimenti sul meccanismo dello svolgimento
della partita di poker. Momenti importanti e fondamentali per la
comprensione e l'apprezzamento del film, che ruota su una partita
di carte come altre poche pellicole celebri ("Cincinnati Kid"
con Steve Mc Queen e "California Poker" di Robert
Altman).
Com'è che Pupi Avati ti ha chiamato a collaborare quale
consulente, diciamo, scientifico a "Regalo di Natale"?
Avevo scritto un libretto sul gioco della toppa dal titolo
"Banco di nove". Ritenevo che fosse un buon canovaccio
per un film sul gioco d'azzardo e dopo aver visto
"Impiegati" ho pensato che Pupi Avati, affrontando in
quel modo il microcosmo della banca, potesse affrontare quello
della bisca e nella primavera 85, gli ho inviato il testo. Lui mi
ha risposto che il gioco d'azzardo lo interessava pur non essendo
un giocatore e che aveva un vecchio progetto. Così mi ha
invitato a incontrarlo e abbiamo instaurato un rapporto di
collaborazione.
Quale è stato il contributo specifico?
Ho funzionato da consulente per tutti i ciak che riguardano il
tavolo da gioco dalla distribuzione delle carte alla
quantificazione delle fiches ai movimenti e al linguaggio tecnico
dei personaggi. Avevo il copione dove era indicato cosa doveva
accadere e io costruivo le mani del gioco.
La partita a poker come è stata impostata?
Si gioca al 7 con 32 carte, "buio" obbligatorio,
rilancio libero e immediato e con 17 minuti di tempo per andare a
vedere (come forse sai "l'apertura" non esiste più da
qualche anno); la posta ha il valore di 5 milioni. Quattro ore
reali di gioco sono sintetizzate in meno di un'ora.
Puoi descrivermi lo svolgimento?
Non è molto facile. Posso tentare una sintesi; Santelia è
presentato come quello che in gergo si definisce il
"pollo" ma già dall'inizio lui lavora per un alleato.
Quando Stefano, il padrone di casa, dissigilla il primo mazzo di
carte (ve ne sono altri due) e, dopo averlo scorporato dagli
scarti, glielo offre in quanto invitato, costui compie la prima
manipolazione. Gettate le carte sul tavolo per la scelta dei
posti sceglie l'asso di cuori e posiziona anche per Ugo la carta
da scegliere che è il 7 di picche. Santelia avrà perciò alla
sua destra il complice, nella posizione chiave per essere
determinante nel corso della partita. All'inizio continua a
recitare la parte di chi non sa giocare ma in realtà è lui
"il civettone" e gli altri sono le povere allodole.
Quando è sotto di 60 milioni, chiede 20 poste (100 milioni) e
provoca la presunzione di Franco che pur essendo in vincita si
"mette all'altezza" per essere in grado,
all'occorrenza, di strappargli tutto il gruzzolo. In una pausa
del gioco intanto non era stato difficile per Ugo sostituire i
due mazzi restanti con due mazzi "birillati" e
risigillati da Santelia (lo stesso Ugo aveva avvertito Santelia
della marca di carte scelte per giocare la partita). Chiesta, con
noncuranza, la sostituzione del mazzo che come da regola può
essere effettuata in ogni momento, Santelia da questo istante sa
i punti di tutti gli altri giocatori e perciò comanda il gioco
fino al punto topico dove scatterà il primo
"uppercut". Quando Franco ha un full d'assi, con Ugo
cartaio, Santelia si fa completare il colore a picche dal
compare, segnalando il seme desiderato, con un
"passaggio" di carta. Strappandogli 200 milioni riesce
in un solo colpo a ribaltare la situazione e mette Franco nella
difficile posizione di colui che dovrà accettare ogni rischio
per poter ritornare in vincita. Nel "colpo mortale" che
chiude definitivamente la partita, Santelia essendo cartaio,
attua una "barattina" proprio quando Ugo gli consegna
le carte per servire la mano che poi lo stesso Ugo, dopo una
mescolata "a forbice", non gli alza. Santelia si
permette, rilanciando "per cinque" i 50 milioni giocati
da Franco, di provocarlo offrendo come "regalo di
Natale" la possibilità di andarsene senza perdere niente.
Ma Franco con un "servito" in mano e con Santelia che
si è dato tre carte pensa ad un "bluff" e va a vedere
cadendo nella trappola e perdendo così tutti i soldi ed il
cinema per un totale di 350 milioni. Nel finale si vede Santelia
dividere la vincita con Ugo, insospettabile Giuda. Franco
amaramente capisce che si è scontrato con uno spietato ed
inarrivabile "professionista".
Andrea Vannini
(Paese Sera, 18 Gennaio 1987)
Da sinistra, George Eastman, Gianni Cavina, Carlo Delle Piane e Giovanni Bruzzi sul set del film "Regalo di Natale" di Pupi Avati (febbraio 1986).
Giovanni Bruzzi posiziona le fiches per lo scontro finale a poker tra Diego Abatantuono (di fronte) e Carlo Delle Piane (di spalle) sul set del film "Regalo di Natale" di Pupi Avati (marzo 1986).
QUELLE CARTE SENZA SEGRETI
Da irriducibile giocatore di poker, ha scritto la
sceneggiatura - ben inteso di notte -, e senza puntare sul bluff,
su un tavolo verde. Pupi Avati, il regista, aveva solo il copione
e, quindi, bisogno di un professionista esperto di carte come
lui, Giovanni Bruzzi, che sull'argomento ha scritto e illustrato
tre libri. Avati, tra l'altro, - racconta Bruzzi - per
demonizzare qualsiasi scaramanzia, ha scelto proprio il 17 come
data d'inizio delle riprese del film "Regalo di
Natale": era il 17 febbraio 1986. Lo sceneggiatore, poi,
oltre a conoscere i colori e i segni delle carte, conosce anche
quelli della tavolozza: Giovanni Bruzzi, fiorentino di nascita,
fa di professione il pittore. Due mesi e mezzo di riprese per
questa drammatica partita a poker, quelle famose quattro ore di
gioco a cinque in cui, alla fine, viene fuori la meschinità dei
protagonisti, che si erano ritrovati per una rimpatriata fra
amici. A quel tavolo verde, si sfidano Diego Abatantuono, Carlo
Delle Piane, Gianni Cavina - che aveva il difetto di tenere le
carte con la mano destra, sottolinea Bruzzi -, George Eastman e
Alessandro Haber, in una storia ambientata a Bologna, ma in
realtà girata in una villa di Fregene. Bruzzi ha seguito "manomano"
tutte le sequenze della pellicola. Il film è nato sul set, con
la sua consulenza diretta sul tavolo verde. E il pittore non solo
ha scritto la partita, dato le battute, ma ha anche suggerito
l'impostazione degli attori, e soprattutto il loro maneggiare le
carte. Il perfezionista Pupi Avati, ricorda Giovanni Bruzzi, non
ammetteva incertezze, tanto da far rifare molti ciak ad
Abatantuono per il suo movimento troppo ondeggiante, quasi
ingombrante di fronte alla macchina da presa. E Carlo Delle
Piane? L'ottimo protagonista dello spietato baro - che proprio
per questa sua interpretazione, ha vinto il "Leone
d'Oro", come miglior attore alla Mostra del Cinema di
Venezia dell'86 - viene definito da Bruzzi "il Robert De
Niro" del cinema italiano. Riferendosi, ovviamente, alla sua
precisione, al suo desiderio di perfezione. E Bruzzi confessa che
Delle Piane decise di alloggiare, durante le riprese, nello
stesso albergo dove era sceso lui. Così tutte le sere il pittore
fiorentino cenava con l'attore che lo sfiancava, con le sue
continue domande sul mondo del gioco d'azzardo, universo
sconosciuto a Delle Piane. Poi, al terzo giorno di riprese, colpo
di scena di Abatantuono che, inizialmente invece, aveva deciso di
dormire a Roma. Una grossa risata e Bruzzi ricorda che, scendendo
nella hall, vide Diego con tutte le sue valigie: avrebbe dormito
lì anche lui per imparare.
Maria Chiara Freato
(La Nazione, 6 Aprile 1992)
Giovanni Bruzzi (al centro) al "Maurizio Costanzo Show" (3 marzo 1988).
Giovanni Bruzzi al "Maurizio Costanzo Show", a destra, l'attore Massimo Serato (7 aprile 1988).
Manifesto.
Locandina.
Giovanni Bruzzi a "Porta a Porta",condotto da Bruno Vespa ( RAI 1, 5 febbraio 2004).
Giovanni Bruzzi a “Porta a Porta”, condotto da Bruno Vespa, a destra, MaurizioVallone, vicequestore di Napoli ( RAI 1, 5 febbraio 2004).
Giovanni Bruzzi a "Porta a Porta",condotto da Bruno Vespa ( RAI 1, 10 novembre 2004).
Giovanni Bruzzi a "Porta a Porta",condotto da Bruno Vespa ( RAI 1, 10 novembre 2004).
Giovanni Bruzzi a "Porta a Porta",condotto da Bruno Vespa ( RAI 1, 18 gennaio 2006).
Giovanni Bruzzi a "Porta a Porta",condotto da Bruno Vespa, a sinistra Barbara Palombelli ( RAI 1, 18 gennaio 2006).
Giovanni Bruzzi con Maurizio Costanzo a "Buon Pomeriggio" ( Canale 5, 31 ottobre 2006).
SFIDERESTE QUEST'UOMO
A POKER ?
Amico di Joe Adonis - il braccio destro di Lucky Luciano - ,
re delle bische del centro Italia, poi bookmaker con la Banda
della Magliana: Giovanni Bruzzi per la prima volta racconta
il suo passato e aggiunge un nuovo titolo alla sua carriera
che sembra un romanzo noir. Quello di Cavaliere della Repubblica.
Il suo studio è in una torre, alle porte di
Firenze. Sembra risalire al '400. "Ma è un falso. In realtà
è stata fatta nel '900. E tutto un bluff". E non poteva che
essere così. Perché lui è Giovanni Bruzzi, re delle bische,
uno che di bluff se ne intende davvero. Ha messo in mutande
mezza Italia, gestito i più grandi bari d'Europa, lavorato come
clanda (bookmaker clandestino nelle corse cavalli) per Franco
Nicolini alias Er Criminale, uomo della Banda della Magliana.
Truccando le corse con la complicità di fantini e allenatori.
Ha stretto amicizia con .Joe Adonis, braccio destro di Lucky
Luciano, e la sua storia ha affascinato a tal punto PupiAvati,
da essere chiamato come consulente per la partita di poker di
Regalo di Natale. E vent'anni dopo per la Rivincita
di Natale. Ora, giunto a 70 anni, gode del titolo onorifico
di Cavaliere della Repubblica, affibbiatogli lo scorso 2 giugno.
No, evidentemente non per i meriti da biscazziere - i suoi reati
sono stati amnistiati da tempo -, ma per quelli artistici: tra
una gang e l'altra Bruzzi è diventato infatti pittore di fama
internazionale. "Mio nonno Stefano era stimatissimo dai Savoia.
Un suo quadro, dal titolo Paura, è esposto al Quirinale.
La mia nomina a Cavaliere è stata fatta in seguito a una mia
mostra personale a Castel Sant'Angelo. A gennaio è arrivata
la comunicazione con un telegramma di Gianni Letta". Biscazziere
e Cavaliere. Una doppia carriera cominciata nel 1960, quando
Bruzzi, fresco d'Accademia, non ha voglia di campare come professore
d'arte. E così se ne va in bicicletta a Parigi a cercare fortuna.
"Iniziai facendo il falso cliente dei night. Il retro di un
ufficio a Montmartre aveva un tabellone con una settantina di
night della città. A ogni nome corrispondeva una lucetta, e
quando la luce diventava verde, era il segnale che serviva un
giovane per scaldare l'ambiente. Prendevo la mia marchetta e
mi presentavo. Guadagnavo bene, per due ore di lavoro. Finivo
la notte in un caffè del quartiere latino, dove incappai in
un gruppo di greci che faceva il gioco delle tre carte. Diventammo
amici, e mi aggregai come palo per la polizia. Nel 1962 smisero:
avevano racimolato così tanto da poter comprare un ristorante
nel centro della città".
E' così che nasce la vocazione all'azzardo?
Sì, a me interessava il denaro. Tornato in Italia entrai
in contatto con Renis, l'indiscusso boss dell'epoca a Firenze,
che vantava un'amicizia con Luciano Lutring, il solista del
mitra. Divenni il rappresentante di un circolo: all'interno
c'era una bisca. Ero incensurato e acculturato: un personaggio
perfetto.
Che mondo era la bisca dei tempi?
I casinò sono tutti al Nord. Chi voleva giocare veniva
da noi, un ambiente di classe. C'erano imprenditori, uomini
di spettacolo, industriali. Gente con soldi veri a disposizione.
Avevamo perfino una vera roulette, cosa che nemmeno Francis
Turatello a Milano e poi Epaminonda, il Tebano, avevano. Diventammo
tanto famosi che quando Joe Adonis fu estradato in Italia, ci
contattò per aprire delle bische.
Una roulette truccata?
No. L'unica roulette truccata che abbia mai visto era
in Francia, non volevo crederci nemmeno io. Sotto aveva due
pedaliere: con una il croupier azionava il magnete che attirava
la pallina sul numero, con l'altra abbassava le paratie tra
i numeri. Ce l'aveva Albert il Marsigliese.
Un nome che è tutto un programma.
Fu il più grande baro d'Europa. Con lui organizzai il colpo
della vita, nel 1965 a Chianciano Terme. Mettemmo in piedi cosa
entrata nella leggenda: l'unico "tout va" al Baccarà mai fatto
in Italia. Non c'erano cioè limiti di puntata. C'è chi fece
centinaia di chilometri per venire a puntare. Ma con lui andai
sul sicuro, dovetti pagarlo al 50% al posto del 30% con cui
trattavo coi bari. Al tavolo infilò un filotto di 14 colpi consecutivi.
Mettemmo tutti in mutande.Ce la filammo nella notte.
I bari erano all'ordine del giorno?
Quando serviva. Li facevamo arrivare da fuori e creavamo
loro un pedigree. Un lavoro di fino. In Italia ormai ne sono
rimasti cinque si e no. Li provavamo la sera prima, dovevano
avere mani grosse e allenarsi tutti i giorni allo specchio per
essere in forma. Al poker li aiutavamo noi.Le faccio un esempio:
al poker professionistico si usano le Modiano 98, che hanno
le stellette ai lati. Allungavamo impercettibilmente uno dei
petali e il baro capiva, a seconda del petalo, che carta avesse
l'avversario...
Poi però nelle bische cominciano ad arrivare
i morti.
Con il soggiorno obbligato la mafia stava entrando a modo suo
nel giro. Presi il mio capitale e andai a Roma. Volevo quotare
le corse dei cavalli:mi presentarono Franco Nicolini, Er Criminale,
della Banda della Magliana. All'epoca, non sapevo chi fosse.
Diceva che tutto li, passava da lui. Va bene, faccio.
Come si truccavano le corse all'ippodromo?
C'era la complicità di fantini o allenatori. Ai cavalli
si dava lo zucchero imbevuto di stupefacenti. Quando uccisero
Nicolini ci riunimmo noi clanda al Testaccio con Franco Giuseppucci,
Er Negro. A lui non sfuggiva nulla. Se una corsa non andava
nel verso giusto faceva subito entrare le scimmie...
Scusi?
Quattro-cinque persone entravano in pista e la corsa
era annullata.A Giuseppucci rimasi simpatico. Volle vedere un
mio quadro e me ne ordinò 30.
Anche Giuseppucci non fece una bella
fine.
Già. Ormai c'erano troppi morti. Decisi di ritirarmi. Giusto
qualche colpo al casinò...
Cioè?
(Ride)
Il nome del casinò però non lo dico, eh?Conobbi
un paio di croupier. Per evitare trucchi, alla roulette i croupier
e i due direttori del tavolo cambiavano spesso. E c'erano solo
venti minuti nei quali il mio gruppo, cioè croupier e direttori
di tavolo, si trovavano insieme alla stessa roulette.
Quindi?
Quando la pallina veniva lanciata, io urlavo dei numeri
a caso. Il direttore sentenziava pomposo: "Annonce acceptè".
Appena la pallina si fermava, nessuno degli altri giocatori
si ricordava cosa avessi detto. Così il croupier mi consegnava
il denaro, io lo cambiavo e facevamo la mezza.
Pare che a Cinecittà qualcuno voglia
fare un film su di lei. Un noir.La vita da biscazziere. Funzionerà?
Perché, scusi, Humprey Bogart in Casablanca,
che ruolo interpretava?
Edoardo Montolli
("Maxim", settembre 2006)
Giovanni Bruzzi nel suo studio in Via Varchi a Firenze nel 2006.
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