Golia ucciso (1955, cm. 50x95, olio su tela).



Sansone alla macina (1959-60, cm. 140x130, olio su tela).



Combattimento di gladiatori (1961-62, cm. 190x140, olio e tempera su tela).



Giovanni Bruzzi, con la moglie Paola, prima del vernissage della mostra personale alla "Galleria La Nuova Pesa" a Roma nel 1970; alla parete il dipinto Combattimento di gladiatori.



Giovanni Bruzzi davanti al dipinto Combattimento di gladiatori nel 1962.



Gladiatori dopo il combattimento (1962-63, cm. 160x180, olio su tela).



Giovanni Bruzzi mentre lavora al dipinto Gladiatori dopo il combattimento nel suo studio di via degli Artisti 6 a Firenze nel 1963.



Buonconte da Montefeltro (Guerriero ucciso), (1963-64, cm. 190x140, olio su tela).



Locandina.



Ghino di Tacco il falco di Radicofani (1983, cm. 100x120, olio su tela).



Manifesto.



All’inaugurazione della mostra personale di Giovanni Bruzzi, "Ghino di Tacco e altre storie", a “ Villa Arrivabene", Firenze 1990, davanti al dipinto Ghino di Tacco, da sinistra, Franek Sznura, ricercatore di storia medievale e presentatore in catalogo, Eugenio Giani, presidente del “Club Rousseau” e presentatore in catalogo, Giorgio Spini, docente di storia italiana, e Giovanni Bruzzi.



In occasione della mostra personale “Ghino di Tacco e altre storie” di Giovanni Bruzzi a “Villa Arrivabene” di Firenze, si è tenuto un dibattito sul tema “La figura di Ghino di Tacco”, da sinistra, Giovanni Bruzzi, Giorgio Spini, docente di storia italiana, Franek Sznura, ricercatore di storia medievale e presentatore in catalogo, Eugenio Giani, presidente del “Club Rousseau” e presentatore in catalogo (30 aprile 1990).



David e Golia (1983, cm. 90x130, olio su tela).

ESTRATTI CRITICI DA PRESENTAZIONI IN CATALOGO SU 
"GLADIATORI & GUERRIERI"

Tu enchaines des Prométhées modernes
a l'axe rytmique du temps...

José Montero-Valle
(Mostra personale "Galérie du Foyer des Artistes", Parigi 1961)



... E' come se il nostro giovane amico, lui non ancora trentenne, attingesse alla realtà delle cose col magico colpo d'occhio d'un Bontempelli (remoto a lui come lo sono gli anni trenta!) eppur restasse, al tempo stesso, nella sua generazione, nel sapore di uno sperimentare novissimo, pari a quello di un visivo alla Robbe Grillet. Nel Sansone alla macina, il soggetto antico offre, contro il bianco (ora ragnatela elegante nel primo piano inclinato, ora volume vigoroso nella "ruota"), la fortissima energia del servo: un drammatico ranocchio galvanico nella articolata muscolatura, motoria.

Silvano Giovacchini
(Mostra personale "Galleria Martelli", Firenze 1963)



... Nei dipinti di Bruzzi la realtà liscia, la figura e l'immagine veritiere sono alla fin fine dei media per conseguire lo scopo. Il quale è quello della inclinazione al surreale, ch'è pur sempre a modo suo e in genere lo scavalcamento della realtà, il suo "evitarla" ... dipingendola per eccesso. Ed è proprio quest'"eccesso" che si pone in chiave spirituale, che soprastà al fatto riproduttivo in quanto ha sopra di sè un quid di trasognatamente cristallino, inesistente in natura. Osserviamo il batterista, questo ministro del jazz sincopante, osserviamo i gladiatori redivivi, la verza sul piano del tavolo in fòrmica bianca, i carciofi, la nudità femminile vista da tergo, l'incatenato uomo: simbolo puro, metafisico, della condanna divina d'Adamo ("... e tu lavorerai ...guadagnerai il pane tuo con il sudore della fronte...") ... Per arrivare a questo stato di qualificazione dipinta occorre aver mano al disegno, al colore, al mestiere; attitudine alla immaginazione, che dura fatica a insinuarsi là, quando la forma oggettiva vi si opponga, quando il far parlare un dipinto diventa problema si significati epidermici che strappino a sè, fuori, i significati più interni. E va saputo altresì che con le magie cennate, con i ritratti di ragazze dagli occhi rapaci, la linea, certe linee chiudenti i nudi bloccati nei loro volumi hanno del sottile incisivo: la profilatura, a taglio di rasoio...

Mario Portalupi
(Mostra personale "Galleria Barbaroux", Milano 1964)



Crudeltà. Qualcuno per la strada ci guarda, con occhi impassibili. Quello sguardo ferisce più di un insulto, più di una verità; meglio di quelli ci addita la nostra inutile, traballante solitudine. Sono convinto che i quadri, i "soggetti" di Bruzzi, se avessero la parola, a chi non ha occhi per vederli parlerebbero di una situazione del genere, di questo genere di sgomento. ... Qualcosa del genere vale anche in pittura. Nei quadri di Bruzzi la crudeltà si condensa intorno a un'evocazione, a una scheggia di racconto - un animale, una natura morta, un albero (guarda caso) solitario - che direttamente, con la crudeltà, "non c'entra". Ma altre volte Bruzzi spregia la regoletta e allora si hanno quadri come questo grande dei gladiatori, dove la crudeltà campeggia a una tale concentrazione, pervade talmente tutto, che risulta quasi impercettibile da un modo di vedere pittura che, come il nostro, è ancora principalmente basato sulla sensibilità - strana parola. Quadri come questi hanno qualcosa di stabilmente inquietante. Certo. E' la loro forza comunicativa. Ma più che di surreale - con le suggestioni extraumane e metaumane che comporta il surrealismo - davanti a questi quadri parlerei di realtà solitaria. O più brevemente, di pittura della crudeltà.

Fernando Tempesti
(Mostra personale "Galleria Russo", Roma 1967)



Da anni, forse da sempre, con molti fatti e pochi discorsi, Giovanni Bruzzi viene tentando - all'interno del suo racconto ansioso e allusivo - la riconciliazione del sacro col profano, del mito con l'aneddoto, del "reale" col "fantastico". E non si possono leggere le sue trame singolari (figure di gladiatori e di guerrieri, piante grasse, insetti e rare nature morte, ad esempio), così come non si può ascoltare la voce di Bruzzi - una voce ora stridula e stranita, ora viscerale e fraterna: quasi un lungo monologo rotto, di tanto in tanto, da accenti imprevedibili, da piccoli scatti, da rapidissime e significative inflessioni - senza stupirsi e irritarsi nello stesso tempo. E proprio qui, in questo insieme apparentemente contraddittorio di fissità e di moto, di tradizione e di eversione, di estrema coerenza nel fare e di antiretorica nella "descrizione" di oggetti e di avvenimenti, Bruzzi concretizza quell'insopprimibile bisogno di libertà che gli urge dentro...

Corrado Marsan
(Mostra personale "Galleria La Nuova Pesa", Roma 1970)



... Nella sua opera c'è un severo ordine, nessuna adesione romantica: si avverte che egli ha sentito che nell'aria c'è qualcosa, ma questo qualcosa l'ha sottoposto al proprio rigore, alla propria disciplina, lasciandolo trasparire in una specie di quieta inquietudine che è al fondo. Sostanzialmente, è artista emblematico, asciutto, misurato e direi non effusivo, "mentale". Un dipinto come il suo grande Guerriero ucciso, ha nella invenzione una carica di dramma umano. Per quel corpo, catrafatto come è, corazza, elmo, gambiere, oppongono duro metallo alla rivelazione esplicita della carne che soffre: è una sorta di impassibile crudele barriera a questa scoperta di dolore che solo l'atteggiamento fa intuire. In un certo senso, l'immagine in apparenza ha un sapore medioevale ed epico ma quello che vuole veramente dire è valido ancora oggi, perchè sottintende umanità e lotta: è una metafora attuale...

Mario Lepore
(Mostra personale "Galleria Seno", Milano 1971)



... Tornando a quanto dicevo prima, e quindi alla conclamata attenzione formale di Bruzzi, il lettore potrebbe essere in qualche modo tratto in inganno, venendo cioè ad ipotizzare la presenza di un pittore attivo soltanto in chiave mentale, di un esecutore di immagini probabilmente fredde ed aliene da una sicura partecipazione al divenire stesso della realtà. Assunto questo da eliminare immediatamente (non per nulla Coppini ha parlato per Bruzzi di "ipotesi reale"), proprio perchè il lavoro del pittore nasce non da un mondo romantico ed effusivo, quanto piuttosto da un sentimento lucido degli uomini e degli oggetti, realizzato attraverso la fantasia catalogatrice di una fantasia razionale che nella sua matrice d'ordine riscatta ogni tratto naturalistico per tendere, al contrario, verso i segni primigeni e il misterioso messaggio delle figurazioni proposte. Detto questo, sarà opportuno riprendere il discorso di Bruzzi da alcune opere di un periodo trascorso (non presenti in questa mostra, ma ben vive per chi segue il lavoro dell'artista), quadri di grandi proporzioni come Sansone alla macina, I Gladiatori, la serie dei Batteristi, realizzazioni di forte impegno plastico e formale, in cui Bruzzi sembrava voler cogliere alcuni degli istanti topici dell'esistenza (la lotta, la fatica e l'impegno dell'uomo), affidando i suoi contenuti alla costruzione e all'impaginazione dei singoli "pezzi", ricercando infine, ben addentro alla figura umana, il senso delle azioni che la sua immaginazione veniva a realizzare.

Vanni Bramanti
(Mostra personale "Galleria Il Pozzo", Città di Castello 1972)



... Il rapporto tra limite della tela e andamenti proporzionali rimane quasi sempre inalterato; ad un espandersi dei primi segue l'addizionarsi dei secoli con una consequenzialità che può sfiorare il monumentale. E' in queste opere di più vaste dimensioni, infatti, che Bruzzi cerca più apertamente il ricorso ai moduli "antichi"; e rimanda con programmatica esemplarità agli schemi anatomici del Signorelli, alla loro modulazione ipertesa entro piani di colore agghiacciati...

Raffaele Monti
(Mostra personale "Galleria Menghelli", Firenze 1973)



... I disegni fatti per Sansone alla macina testimoniano e ribadiscono un carattere peculiare di tutta la grafica di Bruzzi: non sono mai disegni veloci, facili, trovati, ma piuttosto analitici e condotti alla maniera di un Ligozzi, anche se può sembrare eccessivo vi è una suggestione dureriana. Sono disegni che vanno contro il bozzettismo moderno, allora un vero contagio; disegni rifiniti quasi con puntiglio, preannunciando il suo futuro successo di illustratore editoriale. Talvolta le sue figure, anche nei disegni dove il colore è assente, riescono pietre intagliate, evocando tutto un arco di esperienze quattrocentesche. Tal altra, in studi come quelli per la grande tela Combattimento di gladiatori, egli cerca di trovare una chiave narrativa che al sapore classicheggiante della "citazione" da certo Ottocento rivalutatore dell'Antico (naturalmente accogliendo certe istanze formali con ironico distacco), mescoli referenze e sentori surrealisticheggianti, ma mai proprio surrealisti. Rientrato da Parigi, Bruzzi mentre tiene varie mostre a Roma e Milano, va studiando una figura di morente che sembra riandare all'Abele del Dupré, viene a sfiorare le trasfigurazioni dei grandi e forti corpi distesi disegnati e dipinti dai "realisti" italiani negli stessi anni. Tuttavia Bruzzi non entra in rotta di collisione con rappresentanti del "realismo" italo. Semmai ha simpatie, di visione e di tratto, con alcuni membri di Corrente, soprattutto con Aligi Sassu. Le cavallerie fantastiche di Sassu hanno lo stesso grado di immaginosità dell'armatura che veste Buonconte da Montefeltro. Superati i Ciclopi, fors'anche per l'esperienza vissuta sul set del film di Pupi Avati, Regalo di Natale, Giovanni Bruzzi s'è liberato dalla ossessione del "ciclo", soprattutto negli studi eseguiti nel 1983 per la tela di Ghino di Tacco il falco di Radicofani, - dal muso del cavallo che pare ispirarsi all'iconografia di molti destrieri rappresentati nei "giochi guerreschi", alla testa "armata" di Ghino, chiusa in un elmo fantasioso che, con ironica ambiguità, allude al becco del falco -, Bruzzi sembra animare un segno più sciolto...

Rolando Bellini
(Monografia "Opere su Carta", Editrice Dianum, Grosseto 1987)



... L'occasione di questo mio scritto è una mostra di pittura di Giovanni Bruzzi con i suoi grandi quadri guerreschi, fra i quali campeggia un Ghino di Tacco in luccicante armatura che esce a cavallo dal castello di Radicofani, che ci testimoniano come questo tipo di immagini hanno, solo in apparenza, un sapore antico ed epico, ma quello che vogliono e possono comunicare è valido ancora oggi, perchè sottintendono situazioni di esasperata umanità, in lotta: sono una inquietante metafora attuale per i nostri sgomenti quotidiani.

Franek Sznura
(Mostra personale "Villa Arrivabene", Firenze 1990)



... Con mano sicura, il sagace artista toscano tratteggia personaggi immaginari, storici o mitologici, accomunandoli in una dimensione proiettata nel fantastico, ma confinante con il mondo del reale. Come creature autonome, i soggetti "vivono" in quei quadri, attingendo forza dall'incisività del disegno e dalla potenza cromatica. Su tutto aleggia il sorriso, quella leggera ironia forse di derivazione francese, sicuramente fiorentina, che contraddistingue Bruzzi (e non solo il pittore) e che gli permette di trattare certi temi senza cadere nell'ampollosità e nella retorica. Anzi, a corredo dell'immediatezza del messaggio, si riscontrano precisi riferimenti simbolici ed esoterici. Il Cavaliere del Tempio, metallico e misterioso, difende la soglia, impedendo l'entrata a chi non può addentrarsi in questo mondo... . Le creature di Bruzzi vivono non solo nelle tavole, ma in lui stesso, divenuto dunque testimone del mistero.

Fabio Filippetti
(Mostra personale "Centro Culturale", Offagna 1990)


Cavaliere del Tempio (1990, cm. 90x130, olio su tela).



Gigante e cavaliere (Lotta impari), (1990, cm. 80x110, olio su tela).


Ulisse e Polifemo (1990, cm. 90x130, olio su tela).



Il dipinto Ulisse e Polifemo durante l'esecuzione nello studio di Giovanni Bruzzi in via dei Servi 32 a Firenze nel 1990; il modello in posa con in braccio il manichino è Diego, il figlio dell'artista (riconoscibile anche nel dipinto David e Golia del 1983).



Federico I° Barbarossa,(1991,cm.60x90, olio su tela).



Manifesto.