GIOVANNI BRUZZI A PARIGI

Giovanni Bruzzi si recò per la prima volta a Parigi nel 1954, all'età di 18 anni (da Firenze in bicicletta!) e vi soggiornò quattro mesi, poi ancora un altro viaggio nel 1956 (questa volta in treno) con una sosta di due mesi (di questo periodo giovanile tratta, in maniera dettagliata, il libretto "Giovanni Bruzzi, Primi Passi 1944-1956", Edizioni Grafica La Nave 1997) e, dopo avere ottemperato agli ottemperato agli obblighi del servizio militare (1958-1959), vi ritornerà per abitarvi consecutivamente dal 1960 al 1964, alloggiato in un erto e piccolo studio a 13 Carrefour Odeon. Giovanni Bruzzi comunque rientrava sempre in Italia nel periodo estivo, non avendo mai abbandonato il suo vasto studio di Firenze (Via degli Artisti 6), affidato ad un fotografo suo amico, sia per portare a termine, con gestazione lunga perchè inevitabilmente interrotta, i dipinti di grandi dimensioni sul tema dei gladiatori e dei guerrieri, sia per organizzare le sue mostre personali italiane. Per tornare alla Francia, va ricordato che proprio quegli anni furono caratterizzati da un conflitto fratricida (la guerra d'Algeria) e dal terrorismo dell'O.A.S. (Organisation Armée Secréte) soprattutto a Parigi, che rendeva pericoloso il vivere di notte nei locali della città. Giovanni Bruzzi, nonostante le retate della polizia e lo scoppio dei "plastiques", frequentò assiduamente i night club con musica jazz ("Le Caméléon", "Tabou", "Le Chat qui pêche", "Caveau de la Huchette", "Club Saint Germain") di cui era appassionato e divenne amico del grande batterista Kenny Clarke (il quale sarà poi la figura protagonista di un importante quadro) che suonava al "Blue Note" in compagnia del mitico pianista Bud Powell. Nel 1961 teneva un'importantissima mostra personale alla "Galerie du Foyer des Artistes" (89 Boulevard Montparnasse) diretta dal famoso fotografo Marc Vaux, sotto l'egida del Ministero della Cultura, presieduto dallo scrittore André Malraux. Nello stesso anno conobbe il celebre poeta surrealista André Breton che lo ricevette a casa sua (42 Rue Fontaine) per visionare alcuni dipinti e che, oltre ai sinceri elogi, gli consigliò, con molto garbo, di trovare una fonte di sostentamento economico più solida che l'ipotetica vendita dei quadri, per almeno altri 15 anni (in questa occasione Giovanni Bruzzi eseguì un veloce ritratto a penna del carismatico personaggio). Dopo questo incontro, per guadagnare il denaro necessario per poter restare a Parigi, fu accettato qualsiasi lavoro: cominciò col lavorare, come "faux-client", per innumerevoli locali notturni, con dancing e striptease, di Montmartre e di Montparnasse ("Boule Blanche", "Sfinx", "La Villa", "Venus", "Jockey", "Boule Noire", "Narcisse"); fece poi il compare a Ugo, un lestofante italiano di Cagliari, in una ben orchestrata truffa ai danni di un danaroso messicano; si improvvisò cameriere a "La Candelaria", un locale notturno del Quartiere Latino; infine fu ingaggiato come "palo" da una gang di abilissimi greci che bancava il gioco (proibito) delle tre-carte, dentro la grande stazione del metrò Châtelet, nelle ore serali. Quelli furono i primi soldi guadagnati da Giovanni Bruzzi con il gioco d'azzardo (e com'era stato facile!) che, da quell'epoca, ha avuto su di lui un irresistibile fascino contribuendo poi, nei molti anni a venire nelle vesti di biscazziere e di bookmaker, a risolvere in modo egregio il lato economico della sua vita d'artista. Il lungo soggiorno parigino si concluderà nel novembre del 1964 con il definitivo rientro a Firenze. Nel 1971-1972 vi ritornerà per un breve periodo nel quale realizzerà la parte del ciclo delle "Vecchie insegne" riguardante proprio Parigi.




Giovanni Bruzzi nel suo studio a 13 Carrefour Odeon a Parigi nel 1960.


Tetti di Parigi (1960, cm. 64x55, olio su tela).



Giovanni Bruzzi nel suo studio a 13 Carrefour Odeon, Parigi 1960.



Rinoceronte (1960, cm.53x40, olio su tela).

KENNY CLARKE

Al bar "Monaco", posto vicino al mio studio a Carrefour Odeon, frequentato prevalentemente da americani, all'inizio di maggio del 1960 conobbi il chitarrista jazz Jimmy Gourley (bianco), che suonava nel complesso del batterista negro Kenny Clarke al night club "Blue Note" (Rue d'Artois, agli Champs-Elysées) con al pianoforte il mitico Bud Powell, star indiscussa del be-bop, il jazz negro di New York. La musica jazz, a quel tempo, mi intrigava moltissimo tanto da aver eseguito nel 1956-1957 importanti quadri sui suonatori jazz (unico in Italia!), quindi anche a Parigi avevo frequentato i locali notturni con musica jazz del Quartiere Latino ("Le Caméléon", Tabou", "Le Chat qui pêche", "Caveau de la Huchette", "Club Saint Germain"), nessuno però era all'altezza artistica del complesso di Kenny Clarke. Perciò una sera mi recai al "Blue Note" in compagnia di Claudine, una attraente ragazza di Bordeaux, e Jimmy Gourley mi presentò a Kenny Clarke e a Bud Powell (completavano la formazione un contrabbassista francese e il negro Lou Bennet, organo elettrico). Con Bud Powell, ormai irrimediabilmente partito per la tangente (alcol e droga), non ci fu possibilità di dialogo, mentre Kenny Clarke, uomo estremamente colto e intelligente, mi prese subito a ben volere e dimostrò grande ammirazione per le foto dei miei precedenti quadri sul jazz. Un sabato sera, ritornato al "Blue Note", vi trovai una gran ressa e perciò mi fermai al bancone del bar vicino all'ingresso non essendoci posto ai tavoli, ma Kenny Clarke mi vide e mi fece cenno con la mano di andare da lui (l'orchestra era sistemata su di un palco all'angolo di sinistra in fondo al locale, con davanti una piccola pista da ballo con tutt'intorno i tavoli per il pubblico) e, quando lo raggiunsi, mi invitò a sedermi su di una panchetta, appoggiata al muro, proprio dietro la sua batteria; quando toccò al rituale e richiestissimo suo assolo, si accese un faro di luce rossa direzionale sulla batteria, mentre tutte le altre luci si spensero; di colpo, in quell'occasione, mi si visualizzò l'inquadratura da dove realizzare un grande dipinto su Kenny Clarke: di schiena, in controluce, con tutti i tamburi e i piatti luccicanti su di uno sfondo rosso. E così, in seguito tra mille difficoltà, approfittando dell'ospitalità di un mio amico fotografo che mi mise a disposizione il suo vasto studio a Boulevard Raspail, approntai una grande tela (cm. 210x120) e dipinsi Batterista jazz. Il dipinto riscosse uno strepitoso successo di critica e di pubblico quando lo esposi nella mia mostra personale a Parigi nella "Galerie du Foyer des Artistes". Rividi ancora Kenny Clarke, dopo del tempo, alla discoteca "Black Hawk" (Rue Mazarine, nel Quartiere Latino) in allegra compagnia femminile bianca e, ancora oggi, conservo la sua conoscenza fra le cose importanti del mio soggiorno a Parigi e i suoni ritmici della sua batteria fra le cose più belle della musica jazz ascoltata dal vivo.

Giovanni Bruzzi


Batterista jazz (Kenny Clarke al "Blue Note"), (1960, cm. 210x120, olio e tempera su tela).



Vecchia insegna di Parigi: Black Hawk (1964, cm. 32x42, china e acquerello su carta).


Piccolo nudo,(1960, cm.36x48, olio su tela).



Ursula, ragazza tedesca,(1960, cm. 50x60, olio su tela).



Giovanni Bruzzi con il poeta Josè Montero-Valle (al centro) e Chantal (la fidanzata del poeta) al vernissage della mostra personale alla "Galèrie du Foyer des Artistes" a Parigi nel 1961. Josè Montero-Valle, presentatore in catalogo, compose un'"Ode a Giovanni Bruzzi" in versi al posto del consueto scritto critico.


Catalogo.



Invito.

ODE A GIOVANNI BRUZZI

Cambré sur l'harmonie mauve
de l'ultime clarté,
il approche circulaire
et de sa main abolit
l'étroit domaine des réverbères.

Derrière ton rire métaphysique,
tu caches
le faisceau lumineux
de ta main
et le culte binaire
de son éclipse.

Vois son regard chevauchant
plus vite que le jour
il a le dur profil
des girouettes profondes.

Tu enchaînes des Prométhées modernes
à l'axe rythmique du temps . . .

Déjà le battement vermeil
éclate de mille traits, d'une
vaste affinité solaire;
et voici le cri extrême
ombre et muscle
calqués sur un instant.

Car tu enflammes les gestes
des reliefs violents
à la rumeur d'exil.
Tu as raison du brûler
les vaisseaux conquérants.
Ta matière n'oscille pas
entre deux pôles.

Vois, Giovanni, tes hommes calcinés
égarés dans l'asphalte,
n'oublie pas d'apporter
la douceur de ton rire.

Car doucement pressées sur la marge
(ébène et bronze)
nos mains sont pleines de cendre.


José Montéro-Vallé
Il testo poetico nell'originale francese

ODE A GIOVANNI BRUZZI

Montato sull'armonia malva
dell'ultimo bagliore
egli s'avvicina circolare
e dalla sua mano abolisce
lo stretto dominio dei riverberi..

Dietro il tuo riso metafisico,
tu nascondi
il fascio luminoso
della tua mano
e il culto binario
del suo eclisse.

Vedi il suo sguardo cavalcante
più veloce del giorno
esso ha il duro profilo
delle girandole profonde.

Tu incateni dei Prometei moderni
all'asse ritmica del tempo...

Digià il battito vermiglio
scoppia in mille tratti, di una
vasta affinità solare;
ed ecco il grido estremo
ombra e muscolo
calcati su di un istante.

Poichè tu infiammi i gesti
dei rilievi violenti
al rumore d'esilio.
Tu hai ragione di bruciare
i vascelli conquistatori.
La tua materia non oscilla
entro due poli.

Vedi, Giovanni, i tuoi uomini calcinati
smarriti nell'asfalto,
non dimenticare di portare
la dolcezza del tuo riso.

Poichè dolcemente spinti sul margine
(ebano e bronzo)
le nostre mani sono piene di cenere.


José Montero-Valle
Il testo poetico tradotto in italiano
(Presentazione mostra personale "Galerie du Foyer des Artistes", Parigi 1961)

ANDRE' BRETON

Il poeta José Montero-Valle, attraverso una sua cara amica che lavorava presso l'Editore Gallimard, mi comunicò l'indirizzo di André Breton, che io volevo assolutamente conoscere. Un pomeriggio (dicembre 1961) mi recai al 42 Rue Fontaine (subito sotto Place Pigalle, proprio accanto ad un piccolo teatro), dove dunque abitava il celebre poeta, inventore del Surrealismo, forse il movimento artistico più importante del nostro secolo. La casa era molto modesta e mi dovetti fare indicare dal concierge il piano e la porta dell'appartamento di Breton, perchè nessuna indicazione compariva all'esterno. Suonato il campanello, mi vidi aprire l'uscio proprio dal poeta in persona che, sentite le mie ragioni, mi concesse un appuntamento per la domenica successiva alle ore 11. Al rendez-vous concordato, mi presentai con alcune mie tele arrotolate, che avevo realizzato a Parigi. André Breton fu molto cordiale con me e si dimostrò interessato al mio lavoro, lodandone il livello tecnico e lo stile personale raggiunti, anche se precisò subito che, non essendo un pittore di tendenza surrealista, ero fuori dalle sue competenze dirette; presenziò al colloquio anche la sua gentile consorte. Conversammo per più di due ore, toccando argomenti diversi come quello delle riviste d'arte da lui fondate ("Litterature", "Minotaure"), del suo rapporto turbolento con Giorgio De Chirico (che io avevo conosciuto personalmente nel marzo del 1960 a Roma), fino a giungere alla recente grande esposizione da lui organizzata nel 1959 a Parigi sul tema dell'eros e che era stata un clamoroso insuccesso, chiaro sintomo che il Surrealismo, nonostante le scandalistiche stravaganze messe in atto, aveva irrimediabilmente imboccato il viale del tramonto e di questo lui ne era consapevole. Al riguardo delle difficoltà oggettive del vivere a Parigi, mi consigliò, con molto garbo, di trovarmi per almeno altri 15 anni (ne avevo allora 25) una fonte alternativa di sostentamento all'ipotetica vendita dei quadri e mi consigliò anche di fare una visita alla "Galerie Fϋrstenberg", perchè poteva essere interessata alla mia pittura (in seguito mi recai alla sopradetta galleria ma non trovai una buona accoglienza, anche se conobbi in quell'occasione due valenti pittori come Henri Michaux e Stanislao Lepri). Approfittai di quell'incontro per schizzare a penna un veloce ritratto di André Breton che a lui sembrò piacere. La cosa più straordinaria di quella visita fu il corredo di capolavori della pittura surrealista che il geniale poeta aveva accumulato durante gli anni; tutti i più grandi artisti erano rappresentati con opere fondamentali: Yves Tanguy, Joan Mirò, Max Ernst, André Masson, Arshile Gorky, René Magritte, Man Ray, Victor Brauner, Hans Bellmer, Francis Picabia, Paul Delvaux, Sebastian Matta, Wifredo Lam. Però qui voglio ricordare solamente i dipinti che mi colpirono di più: "Il cervello del bambino" di Giorgio De Chirico (l'unico quadro acquistato nella sua vita, mi confidò Breton, perchè tutti gli altri sono stati degli omaggi dei suoi amici pittori), "Il sogno di Guglielmo Tell" di Salvador Dalì, "Ritratto di George Washington" di Marcel Duchamp e un piccolo olio cubista di Pablo Picasso dedicato proprio ad André Breton, il giorno stesso della Liberazione di Parigi, nel 1945. Completavano la decorazione dell'ambiente alcuni grandi totem in legno scolpiti dai Pellerossa d'America. Una casa fantastica, come il grande poeta che l'abitava.

Giovanni Bruzzi


André Breton (1961, cm. 19,5x29,5, china su carta).



Annik, ragazza francese,(1964, cm. 30x40, 5, acquarello su carta).





Lettera recente di Marc Fumaroli a Giovanni Bruzzi, in risposta all’invio di cataloghi e  di depliants illustrativi di tutta la carriera artistica.

COLLÈGE
DE
FRANCE


CHAIRE DE RHÈTORIQUE ET SOCIÈTÉ
EN EUROPE ( XVI° - XVII° SIÉCLES )

Parigi, 2 settembre 1997

Egregio Professore,
la ringrazio molto per la sua lettera e l’interessantissima documentazione.
Mi piacerebbe molto incontrarla, sia nel suo atelier a Firenze, sia in qualche caffè parigino.
La figura umana, immagine di Dio, è l’oggetto per definizione dell’arte.
La fedeltà a questa vocazione, anche in tempo d’eresia iconoclastica, è parte della Storia dell’Arte.

Suo Marc Fumaroli




Nudo biondo (1960, cm. 75x120, olio e tempera su tela).



Molvedo (1961, cm. 35x80, acquerello su carta).



Salan (1961, cm. 37x47, china su carta).



Barbara, ragazza tedesca (1961, cm. 50x68, olio su tela).



Donna nuda seduta (1962, cm. 43x65, olio su tela).